Il punto debole dell'Isis

Il filosofo Cacciari dice che manca una risposta sistemica dell'Europa, l'esperto generale militare Camporini dice che è un problema di intelligence. D'Alema dice che occorre schiacciarli sui loro territori dando mezzi e risorse ai curdi e gli sciiti. Salvini dice che bisogna andare a bombardare.

Poi ci sono altre persone semplici che suggeriscono cose sensate del tipo: "Tutto il contesto andrebbe cambiato, i bambini e giovani siriani senza scuola e/o lavoro vengono reclutati dai terroristi se l'Occidente non si sbriga ad accoglierli. Idem per i somali che vengono reclutati dai Shabab e Boco Haram. L'Occidente non deve continuare a far finta di niente, serve costruire fabbriche in Africa e Medio Oriente invece di cercare solo posti dove si fa business"

Ma si può fare intanto qualche altra cosa per minare dall'interno il mondo della Jihad? Qual'è potrebbe essere un punto di vulnerabilità di quel sistema sociale fondamentalista emissario di adolescenti e giovani che si fanno saltare in aria?  Come si può fermare quella macchina "industriale" bellica che, come fossero polli di allevamento, genera vite e le addestra durante il loro fiorire per farle diventare giovani "mostri" procacciatori di morte altrui dando la morte a se stessi?

Le donne, simbolo di vita, vengono costrette a procreare futuri kamikaze. Prestano ai loro uomini padroni il loro corpo, fonte universale di amore e di luminosi germogli, per partorire, invece, nuovi "piccoli eroi" nutriti di odio, depredati di ogni speranza e diritto umano e immolati nelle strade dell'occidente. 

Le donne madri dello Stato Islamico possono fermare le stragi, possono salvare i loro figli dal suicidio inconsapevole obbligato e senza sbocco.

Basterebbe una scintilla femminile dentro quella comunità primitiva per far accendere un focolaio e poi altri focolai che risveglino tutte le coscienze delle donne, mogli e madri dell'Isis,  determinate a riprendersi il loro corpo e riprendersi i loro figli stringendoli nell'abbraccio di una maternità che non debba trasformarsi in un lutto straziante continuo.

Ma chi può innescare questa scintilla femminile all'interno di quel mondo chiuso feroce e tribale?  Possono farlo soprattutto le altre donne del mondo, soprattutto del mondo arabo, con una campagna di informazione invasiva utilizzando tutti gli strumenti mediatici a disposizione. Spot continui sul web, sulle radio e televisioni arabe del Qatar, Egitto, Kuwait, Giordania.

Un'invasione martellante di messaggi di solidarietà e di incoraggiamento da tutte le donne del mondo a tutte le donne-mogli-madri, non solo quelle dei fondamentalisti che stanno in Iraq, Siria e Libia, ma anche a tutte le madri delle comunità islamiche che stanno in Europa.

Le donne del mondo facciano sapere e sentire a queste donne oppresse che possono e debbono ribellarsi all'uso del loro corpo e della loro maternità.

Le incoraggino a credere in un'alternativa al lutto materno permanente, facciano sapere che esiste una possibilità diversa e alternativa al suicidio stragista dei loro figli.

William Shakspeare scrisse: “Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo: in piedi, signori, davanti ad una Donna!”


Le donne, dall'esterno e dall'interno di quei gruppi accecati di odio, possono contribuire a fermare la spirale della violenza che da Parigi rischia di espandersi ovunque. Le donne possono contribuire a salvare il mondo dall'autodistruzione.

15 novembre 2015

Domenico Ciardulli