Ottavia, Perché non si riaprono i locali della Stazione?

Locali dismessi della stazione di Ottavia

Un documento pubblico di Rete Ferroviaria Italiana e di Ferrovie vanta 88 buone pratiche di riuso sociale del patrimonio ferroviario dismesso.

Nella stessa ottica si inserisce quanto viene proposto a Rete Ferroviaria Italiana e Regione Lazio in questo articolo.

“Un luogo di fruizione culturale, un luogo di riferimento della cittadinanza… le stazioni sono anche questo..”

staziocaffe

Circa 8 anni fa, presso i locali abbandonati della stazione Fr3 di Ottavia, si sono svolte una marea di iniziative culturali che hanno visto protagoniste associazioni di quartiere e associazioni cittadine.

Inoltre ci sono stati vari incontri con gli studenti della scuola media Pablo Neruda, le mostre collettive degli alunni dell’Istituto comprensivo Octavia e dei bambini della scuola dell’Infanzia “Besso”.

Nel 2016, Rete Ferroviaria italiana ha deciso di chiudere quei locali e a metterli sul mercato commerciale tramite un bando pubblico.

Sono passati oltre 5 anni e quei locali non sono stati poi assegnati a nessuna azienda commerciale e a nessuna associazione dando, a nostro avviso, l’idea di una sorta di obitorio ferroviario.

Per tali motivi sarebbe giusto e opportuno un accordo tra Rete Ferroviaria, Regione Lazio e Municipio 14 per rendere quello spazio prezioso fruibile a beneficio dei cittadini.

Ad esempio, potrebbe diventare sede di esposizioni museali, artistiche, di presentazioni di libri, di seminari e incontri tematici accessibili a tutti i cittadini.

parrocipubblico

I dirigenti della Regione Lazio e di Rete Ferroviaria Italiana, attori di un contratto di servizio dovrebbero essere sensibili al riutilizzo sociale e culturale di quello spazio ferroviario, non perché lo chiede qualcuno, ma perché è la stessa Costituzione a prescriverlo.

Sono gli articoli 2, 9, 41,42, 43 e 118 ultimo comma riformato, già interpretati dalla Cassazione che in una sentenza del 2011 (la n.3665),  afferma che laddove “un bene immobile, indipendentemente dalla titolarità, risulti per le sue intrinseche connotazioni (….), destinato alla realizzazione dello Stato sociale (…) detto bene è da ritenersi comune, vale a dire, prescindendo dal titolo di proprietà, strumentalmente collegato agli interessi di tutti i cittadini”.

E ancora: “I principi combinati dello sviluppo della persona, della tutela del paesaggio e della funzione sociale della proprietà trovano specifica attuazione dando origine ad una concezione di bene pubblico inteso in senso non solo di diritto reale spettante allo Stato ma quale strumento finalizzato alla realizzazione di valori costituzionali”.

Qualsiasi titolo di proprietà (pubblica o privata) è tutelato dallo stato e ha ragione d’essere solo se assicura una funzione sociale del bene posseduto. E vi sono beni che per loro intrinseca natura e funzione sono necessari per sostanziare i diritti fondamentali e il libero sviluppo della personalità dei cittadini, per di più in un’ottica intergenerazionale.

Un “progetto pilota” d’uso temporaneo, è stato già sperimentato con il SOSE dall’Assessorato alla Cultura del Municipio negli anni 2014- 2015, ed ha agito positivamente sull’inclusione sociale e sulla qualità della vita. 

Aprendo nuovamente quei locali ad attività socio-culturali, Rete Ferroviaria Italiana dovrebbe considerare raggiunto l’obiettivo della “valorizzazione” del suo bene che “non può essere limitata alla dimensione economica (…) bensì deve intendersi come processo mediante il quale è possibile conferire un maggiore valore sociale al bene, aumentandone il livello di fruizione da parte della collettività”.

“In tale quadro, la valorizzazione assume il significato di elaborazione di un programma di trasformazione/qualificazione/conservazione (…) di rigenerazione urbana”.

Tutto ciò realizza un “reddito civico”, una redditività sociale sicuramente superiore a quanto può offrire la messa sul mercato dei beni individuati.

E allora cosa si aspetta?

C’è da augurarsi che questo ferragosto 2022 porti consiglio al Presidente della Regione Lazio e all’Amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana perché, insieme, quali attori del contratto generale di servizio pubblico, decidano di riaprirli alla cittadinanza.

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*