Educatori italiani discriminati, una bozza per la Commissione UE

In attesa di raccogliere un buon numero di firme su questo documento (che invitiamo a sottoscrivere)  da sottoporre al nuovo governo, pubblichiamo di seguito una bozza di documento che si potrebbe inviare alla Commissione Europea da tradurre in più lingue:

 

IN ITALIA, MOLTI EDUCATORI PROFESSIONALI SONO DISCRIMINATI NEL LAVORO E NEI CONCORSI.
LA FACOLTA ‘DI MEDICINA DETIENE UN INGIUSTO MONOPOLIO SULL’ABILITAZIONE PROFESSIONALE.
APPELLO ALLE ISTITUZIONI EUROPEE 

Gentili Membri della Commissione Europea,
siamo educatori sociali laureati e laureandi del corso di laurea denominato scienze dell’educazione e formazione.
Il corso è presente in tutti gli atenei di scienze umane su tutto il territorio d’Italia.
Dopo la chiusura dei corsi regionali per educatori avvenuta durante la metà degli anni ’90, i suddetti atenei sono stati i primi ad attivare il corso di laurea in Educatore Professionale dal 1995 al 2006; nel corso degli studi abbiamo sostenuto tanti esami di pedagogia, medicina, psicologia, sociologia e filosofia e abbiamo svolto tirocini nei settori sanitari e sociali, sia pubblici che privati.
A partire dal 2005, mentre una parte dei nostri atenei con le facoltà di ex-magistero, prima dello stesso anno e fino a qualche anno dopo, continuavano a garantirci lo sbocco come educatori professionali nel sanitario e nel sociale, nasceva in quell’anno ai nostri danni e a nostra insaputa un corso di laurea presso le facoltà di medicina che formava il cosiddetto educatore “sanitario” interpretando e applicando male la norma di riferimento sancita con il DM 520/98.
Nel frattempo le lauree triennali hanno preso in questo campo professionale di applicazione il posto delle quadriennali. In altri atenei venivano attivati i cosiddetti corsi interfacoltà che erano invece il giusto orientamento in applicazione del DM 520/98 che garantiva un’adeguata formazione in collegamento tra gli atenei e dotati della cosiddetta abilitazione sanitaria.
Questa situazione frammentata e disomogenea ha generato nel tempo un problema di doppia formazione che ad oggi vede la discriminazione di noi educatori sociali nel mondo del lavoro, soprattutto nel settore sanitario, a favore degli educatori provenienti dalle facoltà di medicina.
Noi educatori di scienze umane siamo in Italia molte decine di migliaia di unità perché, nel frattempo, le Facoltà di Scienze della Formazione/Educazione delle Università italiane, a seguito di una riforma, hanno continuato ad attirare ancora migliaia di studenti nei corsi di laurea triennali denominando addirittura alcuni corsi “Educatori Professionali” e creando indirizzi “socio-sanitari” che ora si ritrovano con titoli formali identici anche nella dizione a quella degli educatori formati nei corsi di Medicina, ma con nessun valore.
Quello che da tempo chiediamo ai nostri politici, che molto spesso ci ignorano è una formazione univoca dell’educatore, formazione che preveda un iter nè troppo medicalizzato nè tanto meno ignaro delle nozioni medico scientifiche necessarie, per operare nelle strutture sanitarie. Infatti, per rispondere magari ad un necessario bisogno formativo ed assistenziale sarebbe stato sufficiente migliorare i nostri corsi di laurea esistenti,dotandoli della cosiddetta “abilitazione sanitaria” anzichè creare le ambiguità che hanno portato a tale annosa controversa e conflittuale situazione che non ci permette neppure di utilizzare l’aggettivo professionale e ci mette, in Italia, sullo stesso piano dei diplomati delle scuole medie superiori quando non addirittura degli studenti in tirocinio delle stesse scuole superiori.

Ci rammarica molto il fatto che tutto sia stato sapientemente taciuto e che tantissimi giovani e meno giovani che avrebbero voluto riqualificarsi, abbiano intrapreso un corso di studi che, alla fine del percorso, non fornisce gli sbocchi professionali promessi.
Questa discriminazione ai danni di noi educatori sociali esclusi dal settore sanitario sta portando ad una diminuzione degli iscritti ai corsi di laurea di scienze umane poichè ormai l’ esclusione avviene per noi anche nei settori sociali, così l’educatore in Italia con il tempo diverrà un operatore sanitario.
Le leggi a nostra tutela come, la 328/2000, esistono ma sono inattuate.
Una recente sentenza dello Stato Italiano ha cominciato a ridare dignità ma non basta.
Come potete intuire, gentili Commissari, ad essere danneggiati oltre noi, sono i nostri utenti che necessitano, oltre che di cure mediche, di amore, di empatia e di umanità e verso tali qualità umane i nostri percorsi di studi dedicano particolare attenzione.
Non sappiamo se nell’U.E. esistano realtà simili a quella italiana.

Attendiamo fiduciosi un vostro riscontro e di poterci mettere in contatto per rappresentare la problematica che interessa le molte decine di migliaia di educatori professionali .
Cordiali saluti.
Educatori Professionali
Italia

About Domenico Ciardulli 257 Articles
Blogger autodidatta, Educatore Professionale con Laurea Magistrale in Management del Servizio Sociale a Indirizzo Formativo Europeo; Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Profilo corrente: Ata nella Scuola Pubblica. Inserito nelle Graduatorie d'Istituto 3a fascia per l'insegnamento di "Filosofia e Scienze Umane"

1 Commento

  1. Buongiorno,
    sono un educatore professionale senza titolo assunto a tempo indeterminato da una cooperativa sociale livello D1. Lavoro in una comunità per minori con un contratto di 38 anni settimanali, retribuzione media 1280.
    vi chiedo questo: spesso faccio notti… ad esempio questo mese faccio 5 notti dalle 20 alle 8 e un pomeriggio 12-20. Il brutto della faccenda è che il calcolo matematica delle ore settimanali lavorate in comunità è di 68 ore (12 ore x 5 notti + 8 ore diurne) invece la cooperativa me ne conta solo 6 per un monte ore riconosciuto di 38 ore settimanali in quanto mi dice che tanto dormo da mezzanotte alle 6 (cosa per altro non possibile fino alle 2 di notte con 30 minori da gestire solo in turno). Chiedo se tutto questo è normale e legale. Grazie. Cordiali saluti P.R.

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