Cosa sta prendendo il posto della così tanto vituperata gerontocrazia italiana? Non è che forse stiamo andando verso una dittatura in Italia? Esiste una classe di colti rampolli quarantenni (magari figli di ricchi gerontocrati e banchieri) che sta facendo piazza pulita dei giovani e degli ultracinquantenni?
Per tentare di dare una risposta obiettiva analizziamo di seguito il metodo di governo, attraverso pareri di illustri sociologi, e dati reali forniti dall’Istat.
Scriveva l'”Avvenire” qualche tempo fa: “nell’era dei Quarantenni al potere l’Italia ha raggiunto il record negativo della disoccupazione giovanile, il tasso di trasformazione dei contratti precari in assunzioni ha toccato il minimo storico, la fuga dei cervelli italiani all’estero ha raggiunto cifre da esodo biblico... È nata così la Generazione Out: fuori dal mercato del lavoro, costretta a cercare chances fuori dal nostro Paese”
Intanto, sul metodo di governo di questi quarantenni, Giuseppe De Rita, fondatore del Censis (centro Studi Investimenti Sociali) scrive sul Corriere della Sera che, in nome della rapidità decisionale, si è voluto creare un deserto della rappresentanza intermedia fino allo smantellamento della mediazione sociopolitica e degli enti che per tradizione ne sono stati protagonisti. Sono stati esautorati sindacati, partiti, enti locali sovracomunali (province, camere di commercio, comunità montane…) e al loro posto, secondo De Rita, avrebbero preso spazio i più svariati operatori di un “lobbismo sempre più strisciante e particolaristico, incapace di ragionare in termini di interessi generali”. Ed è nata “un’altra epopea: quella dell’emendamento finalizzato, specifico, mirato; portato avanti da personaggi legittimati (si fa per dire) solo dalle loro effervescenti relazioni amicali, parapolitiche, finanziarie, magari sentimentali”.
In Italia, secondo l’Istat, ci sarebbero circa 2 milioni e trecentomila giovani, tra i 15 e i 29 anni, che non studiano e non lavorano. Inoltre, nel 2015 circa 45 mila giovani tra i 18 e i 29 anni se ne sono andati all’estero.
Il Servizio Civile del nostro paese nel 2013 era stato quasi smantellato per mancanza di risorse. Nel 2015 sono stati ammessi 8800 progetti con 49 mila volontari a fronte di 160 mila domande.
Se volessimo guardare la Francia come paragone troveremmo una differenza abissale: Il “service civique” è universale ed è rivolto a giovani dai 16 ai 25 anni, impiega centinaia di migliaia di volontari con un rimborso mensile di 573 euro. Il 60% di chi lo svolge trova subito dopo un lavoro.
Ritornando in Italia, sul versante degli ultracinquantenni troviamo altri dati sconfortanti: Un numero rilevante di lavoratori precoci si sono trovati all’improvviso espulsi dal mondo del lavoro, dopo oltre 30 anni di attività. Si tratta dei cosiddetti “troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per lavorare”.
Cosa dire poi della schiera disgraziata dei lavoratori esodati frutto di una legge iniqua inventata da una “cattedratica” poco aderente alla realtà. Sono quei lavoratori che avevano stabilito di allontanarsi dal proprio lavoro in anticipo, dopo un accordo con i datori di lavoro e con contratti individuali o collettivi. In seguito alla riforma pensionistica del 2011, c’è stato un improvviso innalzamento dell’età consentita per andare in pensione. In seguito a questa riforma, decine di migliaia di lavoratori si è trovata all’improvviso senza stipendio, senza assegno di pensione e anche senza ammortizzatori sociali. Da 4 anni questo problema perdura per circa 24 mila persone.
Un’altra realtà amara, inoltre, è quella che vede lavoratori anziani che sono costretti dalla riforma e dalla “teoria” del progressivo innalzamento dell’età pensionabile in base alle aspettative di vita, a continuare lavori usuranti: Infermieri in reparti di terapia intensiva o in cardiologia che, nonostante abbiano abbondantemente superato i 60 anni, sono costretti a proseguire i turni ospedalieri non avendo più gli stessi riflessi di un tempo, con conseguenti rischi per tutti i pazienti.
Stessa cosa dicasi per operai ultrasessantenni di aziende edili e metalmeccaniche che fanno movimentazione di macchine a terra mettendo a rischio la propria e l’altrui incolumità.
Leggi pensionistiche inique che, evidentemente, non tengono conto della qualità della vita delle persone e della salute e sicurezza pubblica.
Non è da sottovalutare poi la riforma cosiddetta della “buona scuola” che gettando fumo attraverso le assunzioni nell’oscuro organico di potenziamento triennale, nasconde un dato incontrovertibile: si tenta di far fuori dal mondo del lavoro migliaia di precari ATA in età matura, persone che lavorano da anni nella scuola come assistenti amministrativi, tenici, e collaboratori scolastici.
Un ultimo capitolo, che richiama quello dei giovani che espatriano è quello dei numerosi pensionati a basso reddito costretto per necessità ad espatriare, a trasferirsi, cioè, in Albania, Ungheria, Bulgaria ecc per poter sopravvivere grazie alla grande differenza del costo della vita. Infatti solo con i prezzi più bassi di affitti, utenze e generi di prima necessità possono sopravvivere.
L’impressione che si ricava da questi dati è che due generazioni, quella dei giovanissimi e quella dei maturi ultracinquantacinquenni stiano per essere sempre più marginalizzate ed espulse dalla generazione di mezzo, quella dei quarantenni al potere.
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