Nella sede del Censis a Roma si è tenuto l’evento tradizionale che si svolge a giugno di ogni anno: “Un mese di Sociale” 3° appuntamento. Il tema trattato: “Ritorno alla dimensione territoriale del Paese”
“Roma è inamministrabile. E’ grande 11 volte la città di Parigi mentre Milano, rispetto alla Capitale è una città molto piccola con soli 800/900mila abitanti a fronte di 4 milioni e rotti di abitanti“- lo ha detto stamane, durante il suo intervento, Massimiliano Fuksas, l’architetto italiano tra i più noti sulla scena internazionale, ed ha aggiunto: “Molti non conoscono le periferie di Roma, non ci sono mai andati. La periferia di Roma è difficilissima da raggiungere. Tor Bella Monaca è più grande di Firenze e il Sindaco Nardella, ad esempio, non può sapere cosa significhi amministrare Tor Bella Monaca”… “Ai candidati sindaci di Roma bisogna far vedere Roma in elicottero e forse cambierebbero idea”.
Il territorio di Roma arriva fino a Subiaco e non ha infrastrutture adeguate. Pulire un territorio che è 11 volte Parigi vuol dire perdersi. Secondo Fuksas, il modello di “città metropolitana” è un fallimento e bisogna pensare ad un nuovo modello così come bisogna ripensare anche la logistica dei 3 poli universitari.
I relatori, da Massimiliano Valerii a Giuseppe De Rita, rispettivamente Direttore generale e Presidente del Censis, sono stati concordi nella valutazione negativa di un modello di sviluppo che vira oggi verso la concentrazione di poteri in grandi conurbazioni e aree metropolitane, lasciando il territorio diffuso privo di centrali di autogoverno.
Lapidario il Presidente De Rita contro la verticalizzazione dei poteri che prevede l’uomo forte a presiedere un’area metropolitana: “il sistema del sindaco della città metropolitana che governa mezza regione non funziona” “tutte le città italiane non producono reddito. come si fa ad attribuire ad una città il carico di gestire un territorio?”
“Il ciclo che comincia è un ciclo di casino” “I sindaci dei piccoli comuni sono migliori perché esprimono la loro autonomia con la forza dell’autoregolazione e non devono fare i presidenti del consiglio”
Secondo De Rita, si è passati da una cultura urbana caratterizzata da una cultura industriale e struttura industriale, durata fino agli anni 70, per arrivare dagli anni 70 al 2000 ai “localismi industriali” i quali, dopo un picco di successo, sono falliti miseramente (assieme a tutta la politica del federalismo) per “l’insana ambizione dei localisti e per la stupidaggine dei politici”.
Un grave errore, secondo il Presidente del Censis, aver sviluppato un processo di disintermediazione. Anche l’abolizione delle province ha peggiorato lo stato di cose. La speranza di ricostruzione dei territori e di una nuova cultura urbana proviene dalla costituzione di una nuova classe dirigente delle realtà locali. Occorre superare la verticalizzazione attuale. Essa ha creato una classe politica locale mediocre ( i “cacicchi del voto”) che è una forma deviata del localismo.
Leave a Reply