Manuale di sopravvivenza nelle cooperative. “Memorie” (parte1)

Iniziamo un percorso di approfondimento con la finalità di costruire una guida per coloro che lavorano nel variegato mondo della cooperazione sociale: soci, dipendenti, co.co.co, educatori, oss, psicologi, assistenti sociali, animatori.

Parleremo nelle prossime puntate “natalizie” dei contratti collettivi e di strategie di sopravvivenza per tutelare i propri diritti davanti a gravi violazioni della legalità e della sicurezza di chi lavora in appalti e convenzioni.

I 2 articoli che seguono sono stati scritti rispettivamente il 27 giugno 2010 e il 30 luglio 2010.

E’ importante conoscere la memoria storica se si vuole costruire una cooperazione pulita.  

GLI ASPETTI CRIMINOGENI DI ALCUNE COOPERATIVE SOCIALI

Esulta Giampietro, ex operatore della Sala operativa sociale del Comune di Roma, licenziato in tronco qualche anno fa da una cooperativa accreditata presso il Campidoglio. Pochi giorni fa la Corte d’Appello ha disposto la sua riassunzione e condannato la cooperativa al pagamento di tre anni di stipendi e contributi.

coopimmaGiampietro è un lavoratore in età matura con una personalità “tosta”. Sono state probabilmente queste caratteristiche personali a procurargli altre vessazioni e umiliazioni in passato. Infatti una decina di anni fa era stato licenziato da un’altra cooperativa sociale (sociale? sigh!) ma, dopo anni di vertenza giudiziaria e tre gradi di giudizio, la Corte di Cassazione aveva disposto il suo reintegro e condannato la cooperativa a risarcirlo con circa 150 milioni del vecchio conio. Forse è inutile aggiungere che tutta la cooperativa era andata in crisi finanziaria a seguito dei pignoramenti e il presidente e sua moglie, la quale era vicepresidente, si erano poi dimessi.

Pur accettando l’obiezione scontata che “non si può fare di tutta l’erba un fascio”, altri amministratori di cooperative sociali, piccole e grandi, hanno potuto selvaggiamente licenziare e mobbizzare in questi anni contando su una sistematica impunità derivante dalla mancanza di controlli degli enti locali, dalla mancanza di vere tutele sindacali e dalla debolezza economica di assistenti domiciliari, Oss, educatori, assistenti sociali che lavorano nel cosiddetto “no profit” (no profit? sigh!).

Le due vittorie giudiziarie di Giampietro hanno messo e mettono praticamente in ginocchio il bilancio di due cooperative con rischi concreti per il lavoro e il salario di decine di soci e collaboratori. Ma se il prezzo di queste vertenze ricade alla fine su tutti i soci, quale prezzo pagano, invece, quei dirigenti di cooperative che ricorrono a licenziamenti e discriminazioni per generare paura e omologazione? E quando si verrà a capo dei legami parentali e politici che esistono tra alcune cooperative e tra cooperative e uomini di partito? Ad esempio, la presidente della cooperativa che ha licenziato Giampietro è la moglie del vicepresidente di un’altra cooperativa del territorio. Così come, ad esempio, i presidenti di due altre cooperative che operano a Roma nord sono cognati e così via…

A mio avviso, non sarebbe esagerato se dicessimo che alcuni amministratori di cooperative sociali sembrano seguire logiche “nazistoidi” di “selezione della razza” quando licenziano o demansionano o mobbizzano soci e/o collaboratori non più giovani e belli, magari con qualche serio “acciacco” dovuto ad anni di lavoro con disabili e anziani senza avere a disposizione sollevatori e servoscale. Oppure quando cercano di disfarsi di operatori consumati nella mente e nel corpo da anni di lavoro con utenti psichiatrici a pochi euro l’ora e senza adeguata formazione e supervisione.

Storie di soprusi come quelli a danno di Giampietro ce ne sono probabilmente tante altre ma esse non riescono ad approdare in tribunale o sulle cronache e rimangono così ben nascoste dietro la facciata ipocritamente pulita di alcune cooperative e associazioni Onlus. Tranne, forse, quando queste cooperative vanno in fallimento e gli amministratori vengono indagati come è accaduto con alcune strutture ventennali che operavano a Roma e provincia. Oppure quando i buchi di bilancio creati da una gestione senza pudore vengono addotti ad arte per costringere i soci a sborsare soldi e ricapitalizzare i fondi sociali.

Su questo tipo criminogeno di cooperative occorrerebbe mettere mano al più presto per evitare altri danni alla comunità e ai singoli. Ma il riscatto etico potrebbe passare, a mio avviso, solo da una profonda revisione dell’accreditamento che metta in luce e in trasparenza le gare d’appalto, l’aspetto finanziario, il clima organizzativo e la gestione del personale in termini di assunzioni, promozioni, turn over, supporto psicologico formazione e supervisione degli operatori, verifica di titoli e qualifiche, rispetto degli obblighi derivanti dal testo unico sulla sicurezza. Forza allora! A chi tocca la prima mossa? Alla base sociale, e cioè a pochi lavoratori autorganizzati? Oppure ai politici e assessori? Oppure serve una nuova coscienza collettiva?

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UNA COOPERATIVA SOCIALE CHE LICENZIA …E UN ROMANZO DIVENTA DENUNCIA

Il dramma dei licenziamenti ha prodotto negli ultimi tempi suicidi e omicidi. La tragedia più grave è avvenuta di recente in Toscana dove un uomo che era stato licenziato ha ucciso i suoi datori di lavoro.

Un licenziamento è un evento terribile per la vita e la dignità di una persona ma esso è ancora più criminoso e criminogeno se a metterlo in atto è una cooperativa sociale nei confronti di un proprio socio-lavoratore dopo 15 anni di pregevole servizio. Si tratta di un’altra dolorosa storia di perdita del lavoro che ha come teatro sempre la Toscana e che è stata raccontata in un romanzo uscito da poco nelle librerie italiane.

In questo singolare licenziamento la “vittima” non reagisce impugnando una pistola e sparando ma decide di impugnare coraggiosamente una penna per denunciare gli aspetti “malati” di una cooperativa sociale di tipo B e del consorzio di cui la stessa coop fa parte. Appalti di comodo e finanziamenti locali ed europei che arricchiscono sempre di più i vertici della cooperativa e del consorzio. Un meccanismo delinquenziale di esercizio del potere e dell’intimidazione in deroga ai principi di trasparenza e democrazia pur sanciti a chiare lettere dai codici etici delle Centrali Cooperative. Atteggiamenti tipici da boss con regole e principi da “case circondariali” sono quelli che inchiodano i soci lavoratori laureati alla stagnazione negli incarichi più gravosi con salari da fame, mentre nel gruppo dirigente, composto prevalentemente da persone “miracolate” e di bassa cultura, circolano “stipendi d’oro” conditi dei più svariati incentivi, buoni benzina, polizze assicurative agevolate e trasferte in sfavillanti alberghi. Una cooperativa sociale e un Consorzio che tradiscono se stessi quando i presidenti e i loro portaborse interpretano le proprie prerogative come facoltà spietata di premiare, mobbizzare o licenziare. Un trattamento vessatorio di esclusione riservato a coloro che, all’interno dell’organizzazione no profit, rappresentano, per la loro cultura, eticità e identità innovativa, una minaccia agli assetti gerarchici consolidati da decenni d’immobilismo e di mancato ricambio nella rappresentanza aziendale.

In questo sfondo sopra descritto si inseriscono i personaggi del romanzo “Dolls”, giocattoli senza fini di lucro, scritto da Luca Nardini edito da Albatros. Un contesto cooperativo che vede tra i soci una percentuale di persone svantaggiate, ex tossicodipendenti, ex alcolisti, dove ruotano ambigue figure di soci volontari. Fanno vibrare e suscitano emozione personaggi come Giorgio, il protagonista che viene licenziato, come Donatella, sua collega che diviene anche amante. Stupendo anche il quadro dipinto del gatto Fedro, dei luoghi e storie d’infanzia e del rapporto con gli allievi adolescenti dei corsi di formazione professionale gestiti dalla cooperativa.

Ci auguriamo che questo romanzo sia letto dagli operatori sociali in tutto il paese, anzitutto perchè è il primo libro di narrativa ben scritto sul mondo delle cooperative sociali, e poi perchè la diffusione di “Dolls” è una forma concreta di sostegno alla difficile lotta di un socio lavoratore che è stato licenziato. “Dolls” merita di arrivare al cuore delle istituzioni locali, in primis della Regione Toscana e dei suoi Comuni, anzitutto come stimolo per intervenire su un licenziamento ingiusto consumato meno di un anno fa all’interno di una cooperativa sociale di tipo B finanziata dalla stessa Regione. Ci auguriamo anche che “Dolls” sia stimolo di riflessione culturale su certe deformazioni del no profit, su certe perverse dinamiche interne, evidentemente mal controllate dalle Centrali e dagli enti appaltanti. Infatti, collusioni partitiche e sindacali, alimentate da appalti e voti di scambio, producono a volte ingiustizie e sofferenze grazie a presidenti e amministratori, spesso in carica continuativa da quindici o venti anni, che hanno costruito una “mission” e una “vision” aziendale strettamente personalizzata.

Lettura di approfondimento sulle coop viste da sinistra :  “LA COOP NON SEI PIU’ TU “

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Blogger autodidatta, Educatore Professionale con Laurea Magistrale in Management del Servizio Sociale a Indirizzo Formativo Europeo; Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Profilo corrente: Ata nella Scuola Pubblica. Inserito nelle Graduatorie d'Istituto 3a fascia per l'insegnamento di "Filosofia e Scienze Umane"

5 Commenti

  1. ” Forza allora! A chi tocca la prima mossa? Alla base sociale, e cioè a pochi lavoratori autorganizzati? Oppure ai politici e assessori? Oppure serve una nuova coscienza collettiva?”
    Purtroppo la vedo una missione impossibile perchè molte cooperative “sociali” hanno persone inserite nella politica o legati a sindaci assessori, etc..
    per quanto riguarda poi i lavoratori, una parte ha troppo bisogno di lavorare, un’altre ancora non vede il re nudo e una (per adattamento) è entrata nelle maglie del meccanismo perverso e indifferente di chi dirige (un pò come cani da guardia che si assicurano la ciotola quotidiana di crocchette).
    Demansionamenti, carichi di lavoro superiori alla retribuzione ricevuta, diritto al riposo, mansioni non in linea con il contratto di lavoro ma anche molestie, maltrattamenti, mobbing e sessismo. Questa è la quotidianità e i sindacati ti dicono “purtroppo è così, prova a cercare altro..”; i soldi per ingaggiare un avvocato non ci sono. A volte ho pensato all’ispettorato del lavoro ma sinceramente ho paura, perchè mi sento sola e dopo aver parlato con i sindacati mi sento anche indifesa.

  2. A me sono sei anni che una cooperativa sociale fa mobbing, ho anche tentato il suicidio, dopo essere caduta in depressione. Adesso mi sono convinta ad andare da un avvocato. L’ambiente e’ pessimo e oltre a umiliazioni e accuse false, succedono molte cose non in linea con la mia morale e la mia onestà, oltretutto non vorrei andarci di mezzo per cui sono diventata scomoda per loro, perché non sono d’accordo con quanto vedo e succede. Sto pensando di dare le dimissioni per giusta causa, ma in questo caso, so che dovrei motivarle e farei loro un enorme danno. Licenziamento consensuale? Per non danneggiare nessuno? Magari con una buonauscita, visto che cercarmi un altro lavoro non sarà facile.

  3. Sono stata assunta 6 mesi fa,ho lasciato un posto fisso e dopo tante promesse e tante ingiustizie mi ritrovo senza un lavoro,lasciata a casa perché la cooperativa milionaria non riusciva a sostenere le spese per mantenere una donna delle pulizie…ho sopportato tante offese e tante umiliazioni solo perché avevo bisogno di un lavoro part time.lavoro a tempo determinato con proroga del contratto mensile che si è prolungata per sei mesi,il giorno prima della scadenza del contratto mi hanno detto che il rapporto di lavoro era concluso,al mio posto una donna straniera loro conoscente…vita l’Italia

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