Se fossi un genitore di quelle studentesse vorrei sapere tutta la verità sull’immane tragedia accaduta ieri al km 333 dell’autostrada “Valencia-Barcellona”.
Chiederei alla Procura della Repubblica competente del nostro paese di inviare in Spagna una squadra di periti per analizzare, assieme alla Magistratura di Tortosa, la meccanica di quel bus che ha spezzato la vita di 14 universitari europei tra i quali, oggi, si contano 9 vittime italiane.
Come cittadino e come genitore, ma anche se fossi il Presidente del Consiglio Italiano, non mi accontenterei della lapidaria e tempestiva dichiarazione del Ministro catalano Jordi Jané sull'”errore umano”.
Come si può tirare conclusioni del genere senza prima aver controllato meticolosamente tutte le altre possibilità, comprese quella della meccanica di quell’autobus?
L’autista, dalle analisi di laboratorio, risulterebbe non aver assunto alcol o droghe. Di lui l’azienda riferisce un curriculum lavorativo con “incidenti zero” e con un’esperienza quasi ventennale alla guida dei bus.
Inoltre, ed è un fattore molto importante, l’autista avrebbe riferito, nel corso del primo interrogatorio, un presunto guasto meccanico come causa dello “sbandamento del veicolo verso destra e di essersi spaventato”.
Coincidono poi le versioni dei testimoni esterni, che hanno incrociato l’autobus prima dell’impatto, con quella dello studente olandese che viaggiava a bordo: “L’autobus procedeva a zigzag”.
L’ipotesi che quel bus improvvisamente abbia smesso di rispondere ai comandi dovrebbe avere la stessa considerazione dell’ipotesi del “colpo di sonno”. Allo stesso modo andrebbero analizzate le procedure preventive di controllo dei veicoli da parte degli enti pubblici preposti.
In un’inchiesta su una strage “stradale” di tali proporzioni, che coinvolge una ventina di paesi europei, nessuna pista è da escludere, nemmeno quella apparentemente inverosimile del “sabotaggio”, e, a nostro avviso, la prudenza nel fare valutazioni premature non è mai troppa.
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