“I vincoli della liberta dei comportamenti” era il tema del quarto e ultimo incontro organizzato dal Censis e dedicato al tradizionale “Giugno, mese del sociale”. Ospiti e Relatori, oltre ai “padroni di casa” Giuseppe De Rita, Massimiliano Valerii e Andrea Toma, due eminenti giornalisti come Stefano Cingolani de “Il Foglio” e Fabio Martini de “La Stampa”.
De Rita ha direzionato il suo intervento sul tema della “richiesta di cambiamento” venuto dalle urne.
La riflessione-quesito del Presidente del Censis: “La richiesta di cambiamento che il Presidente del Consiglio vede nel recente esito elettorale è giusta ma occorre chiedersi come sta avvenendo questo cambiamento?”
L’interpretazione di questo cambiamento è binaria perchè 2 sono le ipotesi secondo il Presidente del Censis:
Nella prima ipotesi si starebbe andando verso un “Paradiso di Lazzari” dove tutto è ben sistemato, dove al potere vanno giovani donne, eleganti, “bocconiane” mentre sotto stanno i “lazzaroni”, la struttura rimane la stessa. In questo caso avviene solo un cambiamento di facciata, ai “lazzari” non interessa se c’è De Luca o la Appendino. Vincono comunque loro (es. i tassisti, i gladiatori, gli autisti …) e a loro non importa se al potere ci va l’“incorruttibile”. La nuova “riregulation”, dopo la “deregulation”, crea lazzaroni”.
Nella seconda ipotesi, dalle elezioni scaturirebbe un “Rigurgito carsico di borghesia”, la crescita di una classe dirigente “neoborghese” e la scomparsa della classe dirigente politica. Secondo De Rita, sarebbe emblematica della crescita di una nuova borghesia al potere, la sconfitta di Fassino, erede di Berlinguer, dalla quale emerge una sindaca bocconiana. In sostanza, dice De Rita, dopo le società operaie, dopo l’anarcocapitalismo si è arrivati al governo della media borghesia e all’esigenza di far nascere una classe dirigente che proviene dal foro mediatico (” a Torino potrebbe anche esserci una ripresa del potere da parte della Fiat”).
Tornando sul tema del convegno (devianza, libertà di comportamenti e legalità), De Rita ha detto che la devianza è stata sempre elemento essenziale dello sviluppo ma siamo arrivati oggi alla sua compressione. “Oggi – ha detto De Rita- la devianza non ci deve essere altrimenti “arriva Cantone”, il “pentito”, “l’infiltrato…”
De Rita ha citato anche Sandro Pizzorno e Natalino Irti per rafforzare la tesi secondo cui “più regolata è la società e più forte è la corruzione”. “Non funziona la società che si fonda sul quel tipo di logica di “riregulation” con la verticalizzazione del potere, con l’uomo solo al comando, con la polarizzazione verso il legalismo e la legalità”.
Tangentopoli ha cambiato il paese più del 68. Ha demonizzato tutti. Ha determinato un processo culturale incredibile che si è allungato fino ai giorni nostri e che si ritrova nelle parole dei nuovi leader. Ma le culture valgono se restano a lungo mentre questi cambiamenti di classe dirigente non sono un fatto culturale.
Anche Fabio Martini de La Stampa trattando il tema del nuovo legalismo ha citato un aforisma di Pietro Nenni: “A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro…che ti epura” per criticare la dichiarata incorruttibilità di cui si vantano i movimenti politici che sono oggi alla ribalta. Da decine di anni, seconco Martini, c’è una realtà a due facce: da una parte c’è la proverbiale tendenza a eludere le regole dall’altra c’è la permanente indignazione per quei politici che si rendono colpevoli delle nostre stesse debolezze.
Anche il giornalista Stefano Cingolani de Il Foglio ha parlato di eccessi, di mancanza di un punto di equilibrio tra deregulation e riregulation. Non funziona il sistema. Occorre, secondo Cingolani, inventare un modo diverso di regolare, occorre ripartire dal basso, dalla società civile, dalla sua libertà. Tutte le riforme calate dall’alto non hanno funzionato., “C’è un onda di rigetto. Non vedo questa grande voglia di cambiamento”.
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