Siamo in un periodo abbastanza critico per quanto riguarda il lavoro educativo in tutto il paese e in tutti i settori.
Le carceri, gli asili nido, le scuole, i centri per la disabilità, i centri di accoglienza per minori, i centri per migranti soffrono della scarsa attenzione, a volte scarso interesse e/o competenza, del legislatore nella regolamentazione e negli investimenti.
Annosa la questione degli educatori professionali che hanno investito anni di formazione e soldi nelle Università con la prospettiva di poter trovare occupazione nel terzo settore o nelle amministrazioni pubbliche.
Nell’ultima legislatura la fretta di far approvare leggi di riordino delle professioni, prima della scadenza del Parlamento, ha prodotto due aborti normativi che frammentano ancora di più il profilo dell’educatore creando professionisti di serie A e di serie B.
Con il risvolto che quelli di serie B sono destinati a rimanere disoccupati o a essere licenziati dai loro posti di lavoro nel socio-sanitario. Mentre quelli di serie A sarebbero le nuove galline dalle uova d’oro destinati ad alimentare un sistema economico privatistico chiamato “ordine professionale”.
Per tentare di arginare i danni prodotti da questa legiferazione poco razionale e, a nostro avviso, da alcune associazioni di categoria “pedagogiche” e/o “sanitarie” dedite prevalentemente al tesseramento corporativo, prive di una visione d’insieme integrata come la Legge Quadro di Riforma dei Servizi sociali ha prescritto nell’anno 2000.
Di seguito il documento diffuso dall’Unione Sindacale di Base
REPORT ASSEMBLEA NAZIONALE DEGLI EDUCATORI – 6 OTTOBRE 2018
Si è tenuta a Roma lo scorso 6 ottobre 2018 un’Assemblea Nazionale degli Educatori presso la sede dell’Unione Sindacale di Base, in via dell’Aeroporto 129.
L’assemblea è stata convocata per dare inizio alla costruzione di un percorso unitario della figura professionale dell’Educatore, oggi frammentata e scomposta oltre che dai diversi percorsi universitari (Medicina e Scienze dell’Educazione), dalle recenti introduzioni normative relative al cosiddetto Decreto Lorenzin (Marzo 2017) e ex Legge Iori (confluita nei commi 591-601 della Legge di Bilancio 2017).
È stata, quella di Roma, un’assemblea molto partecipata che ha visto la presenza di singoli educatori ma anche rappresentanti di realtà organizzate e radicate in alcuni territori del Paese: Roma e Lazio, Firenze e Toscana, Milano, Bologna, Bari, Pescara.
In apertura si è fatta una ricognizione dello stato dell’arte della scomposizione della figura dell’Educatore: tra titolo di studio ed esperienze lavorative afferenti sia al pubblico che al privato sociale, e quadro normativo sopra delineato, quello che ci si presenta è uno spaccato che taglia nettamente in due il campo dell’Educatore tra chi soddisferà i requisiti per l’esercizio della professione secondo i dettami del combinato disposto Lorenzin/Iori, e chi invece questi stessi requisiti non li avrà riconosciuti.
Senza entrare nel merito delle ragioni che hanno portato la figura dell’educatore ad essere stata storicamente lottizzata, nei relativi percorsi di studio, tra Educatore Socio-Sanitario (Medicina) ed Educatore Socio-Pedagogico (Scienze dell’Educazione), è stata però condivisa una valutazione politica sulle tendenze, negli ambiti in cui opera l’Educatore, alla sanitarizzazione della presa in carico, sia che questa afferisca ad un ambito sanitario che ad uno socio-pedagogico. La tendenza, almeno decennale, nella riorganizzazione del welfare in molte regioni del paese, è quella che sostituisce in molti servizi sia pubblici che privati la figura educativa con quella di tipo assistenziale/sanitaria, capovolgendo i rapporti tra un modello di riabilitazione/integrazione che ha retto tra gli anni ’90 e la fine degli anni ’00, con un altro improntato all’assistenzialismo e alla medicalizzazione, operato per lo più al risparmio, nel quale a farne le spese sono stati in primis i servizi di bassa soglia rivolti alle fragilità sociali, per poi arrivare a investire anche quelli strutturati a rete, residenziali e semiresidenziali, rivolti ad anziani e disabili.
Un cambio di paradigma, questo, che come professionisti del settore non può interessarci come spettatori indifferenti.
Entrando nel merito degli effetti del combinato disposto Lorenzin/Iori, oggi registriamo che esistono 4 blocchi di Educatori/lavoratori che nell’immediato rischiano di non vedersi riconosciuta la professionalità ed il titolo conseguito, e di conseguenza il posto di lavoro: gli Educatori diplomati concorsi regionali che hanno conseguito il diploma dopo il 17 marzo 1999 (Lombardia,Veneto,Piemonte,Liguria,Valle d’Aosta); Educatori Professionali laureati in Scienze dell’Educazione Vecchio Ordinamento, pe i quali non vale l’equivalenza con con il titolo posseduto dai colleghi laureati in Medicina; Educatori con laurea L19 del nuovo ordinamento, i quali in molti casi sono assunti anche nel Pubblico Impiego nei settori sanitario e socio-sanitario, e che secondo le disposizioni normative dovrebbero essere espulsi in massa per essere impiegati esclusivamente nell’ambito socio-pedagogico; Educatori senza titolo, fatti salvi i casi previsti dalla ex legge Iori (50 anni di anzianità o 20 anni di esperienza di lavoro), i quali in tutti i casi contemplati dall’ampia casistica di chi non viene equiparato ex lege alla figura dell’educatore professionale, dovranno pagare di tasca propria tra i 1600-1800€ per una riqualifica che costituirà mero titolo per il mantenimento del posto di lavoro, senza che questi possa dare accesso a inquadramento superiore né equivalenza con titolo di educatore professionale.
I numerosi interventi che si sono succeduti nel corso dell’assemblea hanno posto al centro della discussione collettiva la necessità di acquisire una maggiore conoscenza tecnico/normativa dei percorsi legislativi che nel corso del tempo hanno riguardato il riconoscimento della figura dell’Educatore Professionale, in maniera da poter efficacemente trovare i punti di intervento per una proposta alternativa e complessiva da promuovere alla politica.
Numerosi sono stati i richiami a sviluppare una vertenza di respiro nazionale che tuteli il piano occupazionale attuale, messo a rischio dalle nuove disposizioni di legge.
I compagni di Milano hanno riportato l’esperienza del comitato degli educatori per l’Equipollenza, che ha già elaborato una proposta di emendamento presentandola al Ministero della Salute, e dando la loro disponibilità ad ricondurre il loro percorso nella battaglia più generale che riguarda il destino professionale di tutti gli Educatori che oggi si mobilitano contro il combinato disposto normativo di riordino professionale.
Riguardo la formazione onerosissima richiesta agli Educatori senza titolo, gli interventi hanno sottolineato come fondamentale il rifiuto dell’impianto che punisce i lavoratori, soprattutto del privato sociale, rei di essere stati usati come manovalanza a basso costo da parte delle cooperative sociali, pur avendo nel corso degli anni perfezionato la propria formazione sul campo. È inammissibile che, a fronte della possibilità di utilizzare gli enti di formazione regionali (pubblici), venga richiesta l’ennesima gabella ai lavoratori per continuare a svolgere la propria professione: dopo aver pagato le esose quote sociali, dopo aver pagato le innumerevoli crisi aziendali, rimettendoci ad ogni giro di tabellone salario, TFR, condizioni contrattuali, oggi si chiede il pizzo a dei lavoratori che svolgono una funzione pubblica, perché pubblici sono i servizi e il welfare che deve essere garantito a tutti i cittadini.
Altri interventi hanno evidenziato di come sia sbagliato parlare di “sanatoria”, in quanto gli Educatori coinvolti non hanno da richiedere nessun condono per la loro condizione professionale e lavorativa, avendo operato sia sul piano contrattuale/lavorativo che su quello del percorso formativo, in piena legittimità di condizioni normative: non c’è da chiedere, quindi, nessun favore attraverso la richiesta di sanatoria delle varie posizioni contrattuali e abilitative alla professione, quanto “GIUSTIZIAeDIGNITÀ” per tutti gli Educatori, pieno riconoscimento dei percorsi professionali e formativi, salvaguardia dei posti di lavoro e aumento delle risorse per i servizi socio-sanitari-pedagogici e di welfare in generale, a tutela della qualità del lavoro e di vita per gli utenti.
Infine USB ha richiamato il fatto che il riordino della figura dell’Educatore, con il rischio occupazionale che lo accompagna, rientra in una strategia più che ventennale di attacco ai lavoratori in generale ed al Lavoro Pubblico in particolare, inteso come il complesso dei servizi in capo allo Stato rivolti ai cittadini ed ai ceti popolari del nostro Paese, i quali attraverso i processi di esternalizzazione e privatizzazione susseguitisi a più ondate, sono messi a valore per il profitto dei nuovi imprenditori sociali, riducendo al minimo l’intervento dello Stato Sociale, in una configurazione da “welfare dei miserabili” dei servizi essenziali rivolti alle fasce deboli della popolazione.
In conclusione, l’assemblea ha stabilito di creare una Commissione Proposta Emendamento, per costruire una proposta complessiva ed organica che possa essere messa al vaglio nella prossima legge di bilancio, che renda giustizia agli Educatori coinvolti dal riordino capestro del combinato disposto Lorenzin/Iori.
Un primo appuntamento di riconnessione per gli Educatori è stato lanciato da USB in occasione della Manifestazione Nazionale del 20 ottobre sulle Nazionalizzazioni, dove verrà composto uno spezzone per la ripubblicizzazione-reinternalizzazione dei servizi di welfare e sanità, che metterà al centro la questione GIUSTIZIA e DIGNITÀ: UN DECRETO PER TUTTI GLI EDUCATORI.
La proposta per la prossima riunione della Commissione Proposta Emendamento è una data da verificare tra il 25, 26 o 27 ottobre a Roma, presso la sede USB di Via dell’Aeroporto, 129.
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